Chiedo scusa, faccio il casalingo
CHIEDO SCUSA,
(Tratto dal mio libro "L'ultima nonna e il ritorno del mondo semplice")
Oggi
mi sforzavo di immaginare il futuro e scrivevo due liste. Le confrontavo per
scegliere la migliore.
Nella
prima elencavo i lavori classici che impegnano parecchio tempo ogni giorno.
Nella seconda lavori che richiedono meno ore
e consentono di dedicarsi in prima persona alla casa, alla famiglia e alla
crescita dei figli senza delegarla ad altri.
Valutavo quanto risparmio economico ci
sarebbe e come migliorerebbe la qualità della vita nel secondo caso. Meno soldi
ma più vicini, perché i soldi allontanano le persone. Sorridevo pensando ad una
casa piccola, con una sola camera riscaldata la notte, e tutti insieme stretti
stretti.
Sono
le 5 del pomeriggio.
Attraverso il parco a piedi meditando, vado
dai nonni a prendere il bambino.
«Ciao! Fai un bell’orario!» esclama, forse senza malizia, una conoscente lungo la
via.
Ci si ferma a far due chiacchiere.
«Adesso
sono a casa, mi occupo dei bimbi e faccio il casalingo» rispondo ingenuo.
«Ha lavorato tanto! Per ora è a casa ma riprenderà
presto!» grida una voce in mia difesa.
Ci voltiamo.
È mio padre che ci viene incontro col
piccolo per mano.
Lui è un po’ sordo eppure ha sentito da
lontano, le parole che colpiscono hanno sempre un volume più alto.
«Spero di non dover tornare al lavoro troppo
presto» rincaro io, «adesso la famiglia e i bambini hanno bisogno di me».
Mio padre mi guarda scuro.
La conoscente ci saluta facendo al bimbo troppi
complimenti, come a giustificarsi per un figlio che lei non vuole, oppure per
sfogarsi contro il mondo che la mette in difficoltà.
E riprende la sua passeggiata di bellezza.
Il
mondo ci convince a delegare la cura dei figli a qualcun’altro.
Dobbiamo esser specialisti in qualche cosa e
guadagnare tanto, per pagare altri che si prendano cura dei nostri cari perché
noi non abbiamo tempo. O meglio, il poco tempo che rimane ci propongono intrattenimenti,
hobby e sport.
Può essere che la donna si prenda cura di
casa e figli, ma è meglio se lavora per la sua indipendenza economica. Se è
l’uomo ad esser casalingo è una bestemmia.
Passeggiamo
verso casa.
Stringo forte la mano al mio bambino, e
anche lui.
Incontriamo tanti cani rilassati che passeggiano.
I padroni pazienti attendono i loro beniamini che razzolano nel prato o fanno
pipì. Anche loro sorridono al bambino e invitano i cani a far amicizia con lui.
Lontano una mamma regge il suo bebè nella
fascia, mentre spinge l’altro monello che si dimena nel passeggino. Galoppa
verso casa a preparare la cena.
C’è il tramonto, ci fermiamo.
Il sentiero è costeggiato su un lato da
ville recintate, sono signorili e col giardino ben curato.
Dall’altro lato il parco è maestoso, con
pioppi alti fino al cielo, ma poco custodito perché è di tutti, e quando una
cosa è di tutti viene considerata meno importante.
Il mio pensiero vola oltre i cancelli
sorvegliati di quelle ville vuote. Attraversa le pareti e vede bimbi soli. In
alcune non ci sono, non sono stati calcolati.
I grandi sono al lavoro, torneranno tardi o
forse no.
Quanti sforzi per comprare dei quadretti di
giardino, mentre davanti oltre i cancelli abbiamo il paradiso.
L’universo è nostro
e lottiamo tanto
per recintarne un pezzettino.
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